Pugno duro da parte del ministro. Zero sconti ai violenti.
Provvedimenti severi, o meglio dire giusti nei confronti dei soggetti violenti all’interno delle scuole. Lo ha ribadito il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, in un’intervista rilasciata a La Verità. A far tornare il tema nuovamente alla ribalda sono stati alcuni casi, gravi, di atti violenti nei confronti del personale scolastico, accaduti nelle ultime settimane nelle scuole italiane. Tra questi, in particolare, figurano l’aggressione di un dirigente scolastico di Cesena da parte di un parente di uno studente, e quello di una docente di inglese picchiata dalla madre di un’alunna a Castellammare di Stabia.
“È un fenomeno molto preoccupante – esordisce Valditara -. Di fronte a casi di violenze commesse ai danni del personale della scuola proporrò la costituzione di parte civile del ministero, valutando di chiedere anche il risarcimento del danno da immagine. Chi prende a pugni un docente o un preside dovrà vedersela anche con lo Stato. Più in generale dobbiamo rilanciare il patto educativo tra famiglie e docenti, evitando che si crei un fossato. Ho deciso di far sedere intorno a un tavolo le associazioni di genitori e studenti, insieme con le istituzioni, con l’obiettivo di costruire una grande alleanza tra i protagonisti del mondo scolastico”.
“Ho sempre pensato che per arginare il bullismo non serva la sospensione – prosegue il ministro -. Tenere un ragazzo fuori dalla scuola per settimane può persino portarlo ad avere contatti poco raccomandabili, col rischio di perderlo definitivamente. Piuttosto, credo che una prima risposta importante arrivi dalla reintroduzione a scuola della cultura della responsabilità e dalla attenzione alla cultura del lavoro. Gli autori di atti di bullismo potrebbero essere coinvolti in lavori socialmente utili, magari nelle case di riposo o nei centri per disabili, misure che già alcune scuole adottano nella loro autonomia. Dare importanza al lavoro nell’educazione dei giovani è un passaggio che aiuta a maturare”.
“Ci sono studi scientifici che dimostrano un’amara verità – conclude -, i ragazzi oggetto di persecuzioni sistematiche tendono ad avere cattivi risultati a scuola, si avvicinano pericolosamente all’abbandono scolastico, alla depressione, agli istinti suicidi, e sul lungo periodo hanno una minore aspettativa di vita. Si tratta di una piaga che persino la Commissione europea ha messo sotto i riflettori. Dobbiamo insegnare ai ragazzi che non esiste solo un io ipertrofico e onnipotente, ma occorre immedesimarsi negli altri, sentire gli altri, capire che si è parte di una comunità, e questo esige rispetto”.
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