Culle vuote e scuole chiuse. Gli effetti del calo demografico che investe l’Italia si stanno ripercuotendo sugli istituti scolastici, sempre più costretti a giocare con i numeri per far quadrare quei conti che non tornano. Tanto per dare alcuni dati da snocciolare, nell’intera penisola sono state chiuse 2.600 scuole tra Infanzia e Primaria negli ultimi nove anni. E se il presente è grigio il futuro è nero. Anzi, nerissimo. Nei prossimi cinque anni, si stima, chiuderanno altri 1.200 plessi statali e paritari. Fra dieci anni, secondo quanto stimato dal ministro dell’istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, in Italia ci saranno poco più di 6 milioni di studenti, a fronte dei 7,4 milioni censiti nel 2021. In media si perderanno tra i 110 e i 120.000 alunni all’anno.
Dati horror se visti ancor più da vicino. Delle 2.600 scuole chiuse tra il 2014 e il 2023, due su tre (più di 1.700) si trovavano nel Mezzogiorno. Un’emorragia se si considera che nel Nord-Ovest sono stati chiusi i cancelli al 15% di questa fetta (382 scuole) e nel Nord-Est “appena” il 10% (ossia 245). Il Centro, invece, ha perso 289 scuole dell’Infanzia o Primarie (l’11% del totale). Ovvio che lo spopolamento abbia colpito soprattutto i piccoli centri, contenendo, quindi, la soppressione degli istituti scolastici nelle grandi realtà italiane che al momento sembrano non accusare il colpo.
Secondo i dati del ministero, le scuole Secondarie di II grado perderanno mezzo milione di studenti nel prossimo decennio. Nelle secondarie di I grado si perderanno, nello stesso lasso di tempo, 300.000 alunni, 100.000 in meno rispetto alle previsioni per la scuola primaria. E i docenti? Si stima la soppressione di oltre 100.000 cattedre, con un passaggio dalle attuali 684.000 a 558.000 nel 2033/34 e una perdita media di 10.000 posti di lavoro ogni anno. Un’emorragia letale, a cui nessuno sembra potere (o volere) porre un freno.